Ottavio e l'acqua che fuma.
Ho una tazza qui affianco a me. E' piena fin sopra il manico, è poco più in là del quaderno e quando arrivo a scrivere fino al bordo della pagina riesco a sentire che è ben calda, come piace a me.
Per qualcuno potrebbe essere troppo, di un calore fastidioso e quasi inutile visto che non si può tenere in mano, tantomeno provare a bere.
Perchè scaldare così tanto l’acqua? Ma soprattutto perchè farlo per poi dover aspettare che si raffreddi?
Forse 40 secondi in un microonde medio a 600 W di potenza potrebbe essere una soluzione, un’opzione valida, per chi si pone queste domande.
Io però ho un bollitore.
E’ d’acciaio, uno di quelli belli panzuti, con il manico nero proprio sopra al beccuccio che fischia. Che poi non è proprio un fischio, ma un sibilo che vorrebbe esser un po’ più irruente, farsi notare a tutti i costi.
Credo gli darò un nome, se lo merita dopotutto.
Non è facile, serve qualcosa di appropriato, di consono alla sua indole, ma che suoni anche familiare, elegante forse. Sì elegante, ma non distaccato.
Magari un nome che potrebbe andare bene per un maggiordomo di altri tempi, qualcuno che ha una collezione di guanti tutti di cotone bianco, sottile, buoni per spolverare le cornici delle foto. Oppure una tata avanti negli anni? Una signora che mi guarda e mi fa sentire stretta in un abbraccio, non ha avuto figli di sangue ma ha tanti bambini nel cuore. Una di quelle donne per cui il pane è sempre caldo ed il brodo di pollo può curare tutto, ma proprio tutto … figuriamoci un raffreddore.
In effetti non so se debba pensare ad un nome di donna o di uomo.
Potrebbe essere Alfredo, Vittorio, Ottavio. Ottavio mi piace. Ma anche Agnese, Amelia, Jolanda non sarebbero male.
Avverto una certa affezione per il nome “Amelia”, ma ho deciso che oggi Ottavio sia un po’ qui, per un pomeriggio di faccende senza affanno, solo per fare due parole sull’inverno alle porte, sulla lana che pizzica sulla pelle e di come sia difficile trovare una buona porcellana da tavola.
Allora è deciso, prenderò un’altra tazza sperando gli piaccia il mio thè e ce ne staremo un po’ in cucina, seduti verso la finestra perchè il sole d’autunno è sempre bello da guardare.
Riempiremo l’ultima ora di luce di questo pomeriggio pensando alle decorazioni natalizie perchè le ricompreremo, visto che non sono mai abbastanza. Sarebbe poi bello anche fare dei biscotti, una semplice frolla al burro, oppure dei baci di dama ma anche delle ciambelline all’anice con il vino e lo zucchero tutto appiccicato e croccante fuori. Queste mi piacciono parecchio.
Però il tempo non è molto e non vorrei star lì a rincorrere l’orologio di quest’ora insieme.
Allora facciamo che sono solo due tazze e delle chiacchiere in cucina, sì è meglio.
“Non sopporto le cose tiepide”.
Inizierei io, sistemando la tavola in cucina per me ed Ottavio, pensando al thè ma sapendo che in generale è vero per tutte le cose della mia vita. La primavera è l’unica eccezione che mi concedo in effetti.
Vorrei chiedergli della tarte tatin perchè da sempre ho una gran paura di fare una schifezza. Mi piacerebbe fargli vedere la tovaglia di lino che mi son fatta fare dalla sarta, senza ricami ma con un bordino leggero. Poi gli chiederei dell’orchidea, perchè non so come sia stato possibile, ma è sopravvissuta a me e un suo complimento mi farebbe tanto piacere.